mercoledì 20 gennaio 2016

Robocop esiste e si chiama K5

A metà tra un Dalek e R2-D2, sbarcano in California i primi poliziotti-robot che coadiuveranno le forze dell’ordine nella lotta al crimine. 

A guardarlo potrebbe essere scambiato per una trovata pubblicitaria legata ad un film della Pixar, i guerrestellarofili vedrebbero una copia lontana di R2-D2 (soltanto un po’ più alto e tozzo del droide di Star Wars), per gli amanti di Doctor Who sicuramente un omaggio ai Dalek della serie tv, per gli appassionati di archeologia un menhir semovente di policarbonato lucido. Niente di tutto ciò. L’automa K5 è il progetto più ambizioso della Knightscope, la startup americana che è fermamente decisa a rivoluzionare il mercato della vigilanza grazie al suo suppostone per niente antropomorfo e funzionalmente a metà tra Minority Report e Robocop.

Il Knightscope K5 Autonomous Data Machine è alto circa un metro e mezzo, pesa 136 kg e dispone di molte tecnologie: visione termica e a infrarossi, videocamere HD, videocamera per individuare targhe (riesce a memorizzarne 300 al minuto), microfoni, sensore per misurare temperatura, pressione e livello di CO2, wifi per comunicare con altri robot e la centrale operativa, batteria da 24 ore con ricarica in 20 minuti, GPS, radar, laser per creare mappe e rilevare oggetti e ostacoli nell’ambiente, sistema di autodifesa (non prevede reazioni armate ma soltanto un allarme sonoro – attivabile anche da chiunque volesse chiedere aiuto – e la segnalazione alla centrale operativa).

Già utilizzato (per test) nel campus Silicon Valley di Microsoft, il K5 è pensato come robot di sorveglianza a supporto del lavoro delle forze dell’ordine. Il suo compito è quello di perlustrare una zona, passando in rassegna veicoli, fonti di calore, odori, composti chimici nell’aria e nel terreno e controllare il comportamento umano cercando di prevenirne i crimini (mettiamo il caso che un soggetto tenti di scassinare un negozio, allora K5 lo rileverebbe registrando con video e audio la situazione e inviando tutto in tempo reale alla centrale operativa che deciderebbe sul da farsi). L’automa non è in grado (almeno per il momento) di intervenire operativamente in maniera diretta (quindi nessun ladro ammanettato o rivolta sedata), ma è capace di fornire (anche di notte e in ogni condizione meteo) importanti informazioni ai poliziotti veri allo scopo di controllare ed ottenere dati su determinate situazioni e fungere, così, da deterrente per i malintenzionati.

Le visioni prospettiche più affascinanti attribuiscono all’ADM anche incarichi investigativi, allo scopo di aiutare i detective a risolvere i casi più ostici grazie agli algoritmi che gli consentirebbero di predire già alla base i criminali. K5 riesce (secondo le dichiarazioni della Knightscope) a interpretare cosa accade, valutare i rischi, raccogliere dati (fino a 90 terabyte ogni anno) su ogni minaccia per la sicurezza, ha la capacità di abbinare le informazioni incamerate con i contenuti dei social media e incrociarle con quelle del registro della polizia.

"Tutti i dati che K5 raccoglie", come spiega William Santana Li (fondatore della compagnia), "vengono inviati al centro analisi, dove un algoritmo li analizza e determina la probabilità che stia per avvenire un crimine" (una sorta di Precog di Minority Report senza la compagnia di Tom Cruise). Anche la creatura della Knightscope alimenta il dibattito, mai assopito, sulla rotta che dovrebbe seguire l’evoluzione dell’Intelligenza Artificiale e sui rischi collegati al suo uso. "Più potente è il robot, maggiore è il rischio che qualcuno possa modificare la sua programmazione e trasformarlo in un pericoloso criminale" ha commentato Patrick Lin (direttore del Ethics+Emerging Sciences Group alla California Polytechnic State University).Qualcun altro fa notare come questi “novelli figli di Robocop” abbiano (quasi) tutto quello che serve ad un moderno superpoliziotto, eccetto una dote fondamentale: un codice etico. Ovviamente, come succede per ogni tecnologia, tutto dipende e dipenderà dall’uso che l’uomo ne farà (si veda a proposito l’articolo su OpenAI, la non-profit creata da Elon Musk e altri luminari della Silicon Valley).

Di parere opposto (manco a dirlo) è Stacy Stevens, CEO di Knightscope: "Per certe cose i robot sono meglio degli esseri umani. Non si stancano, per prima cosa, e poi non intimidiscono così tanto. E gli si può chiedere anche di ottemperare a doveri in più, cose che una guardia giurata non può fare: per esempio gli studenti di un’università potrebbero chiedere a un K5 di accompagnarli attraverso il campus durante la notte, se si sentono spaventati all’idea".


Nel mondo sono già sette milioni i robot utilizzati (per la metà in mansioni di pulizia domestica) e il loro numero è destinato ad aumentare vertiginosamente, di pari passo con l'arrivo di nuove tecnologie. Negli ultimi tempi si sta puntando molto soprattutto nel campo della sorveglianza. In Giappone (che sforna il cinquanta percento degli ingegneri robotici operativi del mondo) le due più importanti società del mercato della sicurezza, Secom e Alsok, hanno iniziato a noleggiare i loro robot sentinella a clienti privati per circa 2.500 sterline al mese: meno del costo di due guardie. Alsok ha lanciato un robot in grado di perlustrare un edificio a caccia di intrusi, incendi o falle: esso può puntare l'estintore sulle fiamme e allertare le autorità. Secon ha invece ideato un robot per pattugliare le fabbriche e in grado di spingere gli individui sospetti in un angolo e perquisirli in attesa dell'arrivo della polizia.

Senza dubbio in questa corsa verso la tecno-vigilanza a farne le spese sono la privacy (K5 registra anche i volti delle persone) e le libertà civili. Non è forse troppo alto il prezzo che ci viene chiesto per la nostra sicurezza?

Ecco il video promozionale della Knightscope:





Fonte: knightscope.com - technocracy.news - techcrunch.com - extremetech.com - readwrite.com – wired.it - webnews.it – italiaoggi.it

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