Ricordate la protagonista del film “Her” – Samantha – diretto da Spike Jonze e vincitore dell’Oscar come migliore sceneggiatura originale? Per chi l’avesse perso è la storia di Theodore, un uomo solo, introverso e frustrato nelle sue relazioni affettive, e… Samantha appunto: un Sistema Operativo basato su un'intelligenza artificiale in grado di evolvere, adattandosi alle esigenze dell'utente.
Theodore rimane affascinato dall’abilità della sua nuova amica di apprendere, di sviluppare un intuito nei confronti delle proprie preferenze e di dimostrare perfino uno sviluppo psicologico. I due instaurano un legame sempre più forte fino a sfociare in qualcosa assimilabile all’amore… non vado avanti per evitare lo spoiler (qui il trailer). Tralasciando la valenza distopica del film in tema di rapporti umani e gli input di riflessione che propone sugli aspetti psicologici messi in campo dai protagonisti (umani o no che siano), senza dubbio la storia di Jonze alimenta l’attenzione mai dissipata sulla questione “intelligenza artificiale”. Il fascino di un'intelligenza fatta di algoritmi e ferraglia è stato sempre un tema assai caro al piccolo e al grande schermo, da Hal 9000 del lontano “Odissea nello Spazio” di Kubrick ad “AI-Intelligenza Artificiale” di Spielberg, da Kitt di “Supercar” per finire alle serie “Humans” o “Person of interest”.
Una Samantha ante litteram è Eloisa (Easy Logic Intelligent Software Automa), un chatterbot per computer e per telefoni cellulari, con interfaccia Web, creato dal ricercatore Informatico Francesco Lentini a partire dal 1992, capace di simulare una conversazione in linguaggio naturale con chiunque si colleghi al suo sito. Eloisa, oltre all'italiano comprende l'inglese, il francese e lo spagnolo e a volte riesce ad essere anche ironica o polemica, per fortuna è ancora molto lontana dalla Samatha di “Her”: l’ho testata personalmente e mi sono tranquillizzato nell’accertarmi che come “umana” lascia ancora molto a desiderare. Meno male! (qui il link)
L’evoluzione dell’intelligenza artificiale cammina di pari passo con il dibattito, mai assopito, riguardante la rotta che dovrebbe seguire e i rischi collegati al suo uso. Come succede per ogni tecnologia, tutto dipende e dipenderà dall’uso che l’uomo ne farà e sicuramente sarà necessaria fin da subito un’attività di controllo e regolamentazione. A questo scopo mira OpenAI, una società di ricerca non-profit che si occuperà di studiare e monitorare l'evoluzione delle tecnologie che puntano ad imitare il cervello umano. È una società creata dal miliardario sudafricano Elon Musk che in diverse occasioni non ha mancato di esternare la sua catastrofica visione del futuro tecnologico. Grazie al contributo di ricercatori e investitori (si parla di un miliardo di dollari di finanziamenti privati dietro l'operazione), la missione dichiarata di OpenAI è quella di offrire il collegamento necessario tra ricerca scientifica e istituzioni, con l’obiettivo di far avanzare l’intelligenza artificiale anche rendendo pubblici tutti gli studi dei ricercatori, condividendo le ricerche brevettabili e creando valore per tutti.
Musk non è l’unico filantropo illuminato che si sta muovendo in questo campo. Anche Zuckerberg di Facebook sta mettendo a disposizione degli studiosi di tutto il mondo la versione open source di Big Sur e Google sta per rendere disponibili ad accademici e ingegneri le sue tecnologie di machine learning.
A questo punto (per citare la frase cult di Antonio Lubrano) la domanda nasce spontanea:
Quando questo avverrà, ci sarà collaborazione o guerra con i nostri fratelli “binari”?
Paolo Antonio Magrì
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